Ritieni di aver subito un pregiudizio dall’eccessiva durata del tuo processo?
La Legge Pinto ti consente di ottenere un’equa riparazione per il danno patrimoniale e non patrimoniale subito a causa della lunghezza del procedimento giudiziale che ti ha visto protagonista.
Si sa, fra i principali problemi della giustizia italiana vi è l’eccessiva lungaggine di cui, sempre più spesso, si caratterizzano i procedimenti giudiziali innanzi al giudice civile, penale ed anche amministrativo.
Per questo la Legge Pinto, L. 89/2001, è intervenuta, prevedendo la concessione di un’equa riparazione a favore di tutti coloro che per via dell’irragionevole durata del processo hanno subito un danno patrimoniale o non patrimoniale.
Ma quand’è “irragionevole” la durata di un processo?
La durata del processo è da considerare “irragionevole”:
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- per il primo grado quando superiore a tre anni;
- per il secondo grado quando superiore a due anni;
- per il giudizio di legittimità quando superiore a un anno.
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Al fine di calcolare la durata del processo sono utilizzati criteri diversi a seconda che si tratti di un procedimento civile, penale o amministrativo.
Come si può chiedere l’equa riparazione?
La domanda deve essere fatta tramite ricorso, che deve essere presentato da parte della persona che ha subito il danno assistita da un legale munito di procura speciale, al Presidente della Corte d’Appello del distretto in cui ha sede il giudice innanzi al quale si è svolto il primo grado del processo presupposto.
Il ricorso deve essere proposto nei confronti del Ministero della Giustizia quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario, del Ministero della Difesa quando si tratta di procedimenti del giudice militare.
Negli altri casi è proposto nei confronti del Ministero dell’Economia.
Una volta presentato il ricorso, il Presidente della Corte d’Appello prende una decisione entro trenta giorni con decreto esecutivo motivato.
Quali sono i termini per fare il ricorso?
La domanda di equa riparazione può essere presentata entro e non oltre il termine di sei mesi, decorrente dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento è divenuta definitiva.
Va, in aggiunta, segnalato che, a seguito della sentenza n. 88/2018 della Corte Costituzionale, si può proporre ricorso per un’equa riparazione ancor prima che si concluda il procedimento presupposto.
La Corte Costituzionale ha dichiarato, infatti, l’illegittimità costituzionale della Legge Pinto nella parte in cui “non prevede che la domanda di equa riparazione possa essere proposta in pendenza del procedimento presupposto”.
Quanto può essere risarcito?
Il giudice può, a titolo di equa riparazione, prevedere un risarcimento non inferiore a 400 euro e non superiore a 800 euro per ogni anno, o per ogni frazione ultrasemestrale di anno, in cui il processo abbia ecceduto la durata ragionevole.
È possibile che, in alcuni casi, sia previsto un risarcimento minore o maggiore che non superi, però, il valore della controversia o del diritto accertato dal giudice se inferiore.
Se credi di aver subito un danno patrimoniale o non patrimoniale dall’eccessiva durata di un processo, invia una email all’indirizzo segreteria@studiodipardo.it, esponi il tuo caso ed inserisci nella email nome, cognome e dicitura “Legge Pinto”.
Riceverai una risposta nel più breve tempo possibile.