L’acronimo NFT nasce dall’espressione “non-fungible token”.
Il token è un’informazione di carattere digitale collocata all’interno di una blockchain – registro pubblico distribuito – che conferisce a chi lo possiede un diritto – di proprietà di un asset, di accesso ad un prodotto o servizio, di trasferimento e ricezione di un pagamento – spendibile in via esclusiva nell’ambito di un dato contesto, nell’ambito di un dato spazio virtuale.
Tale informazione digitale può essere fungibile o non fungibile.
Quando è fungibile, il token è interscambiabile, in quanto può rappresentare una serie di asset tra di loro sostituibili (quali, ad esempio, azioni o obbligazioni, diritti a fruire di determinati servizi).
Quando non è fungibile, invece, rappresenta un’informazione digitale unica, propria in via esclusiva di chi ne acquisisce la proprietà ed utilizzabile unicamente in uno spazio virtuale definito.
L’NFT è proprio questo: un token non fungibile, un pezzo unico il cui valore non è predefinito ma va accordato fra venditore e acquirente. Con l’acquisto di un NFT non si ha soltanto la consapevolezza di possedere, in uno spazio digitale, un pezzo unico ed esclusivo, ma si acquisisce, tramite la sottoscrizione di uno smart contract, un vero e proprio diritto di proprietà sul bene, da far valere nei confronti di chiunque ne pretenda l’accesso.
Il mondo dell’arte è senz’altro il primo esplorato dai sostenitori degli NFT. Molteplici sono state le opere d’arte tokenizzate e vendute.
In dettaglio e nel tentativo di meglio comprendere le modalità con cui tale processo, per natura astratto, può compiersi basti pensare che ciascuna opera può nascere o trovare un proprio corrispettivo in formato digitale.
Il formato digitale si compone di una sequenza di numeri che vanno da uno a zero. Sequenza di numeri evidentemente replicabile, dunque riproducibile in ulteriori ed uguali versioni.
E proprio per garantire l’autenticità di un’opera digitale, dunque la sua unicità e non riproducibilità, che nasce l’idea di “scomporla” in tokens, autenticarla tramite un sistema di hashing e conservarla in un registro pubblico impenetrabile, la blockchain.
Ognuna delle operazioni compiute sul token – quali l’acquisto e la vendita – è oggetto di registrazione nella blockchain in cui è collocato. In sostanza, soltanto chi possiede la chiave di accesso al token può rivendicarne la proprietà e compiere sullo stesso una qualsiasi azione, escludendo chiunque non ne sia proprietario dall’accesso o godimento, in qualunque forma intenda attuarlo.
Ebbene, tale sistema di creazione e diffusione di asset digitali sta prendendo piede in ogni settore, nel food, nel beverage, nello sport, nella moda. E non ne è rimasto immune neppure quello, in via teorica, più lontano dal concetto di valorizzazione – meglio, speculazione – economica su cui si fonda il processo di produzione di NFT. Mi riferisco al “mondo degli innamorati”.
Sempre più numerose, infatti, sono le iniziative intraprese dagli innamorati e per gli innamorati che vedono protagonista la creazione di NFT e la trasformazione in spazio digitale di un messaggio, di un’azione, di un regalo, persino di un pensiero d’amore.
Da ultimo, in occasione della Festa di San Valentino, il Museo Belvedere di Vienna in collaborazione con artèQ, il primo fondo di investimento artistico NFT, ha trasformato il Bacio di Gustav Klimt in un’opera digitale, smaterializzandolo in diecimila parti uniche da vendere singolarmente agli appassionati di NFT, che potranno acquistare uno o più elementi del quadro registrandosi come proprietari sulla piattaforma thekiss.art dove l’opera digitale potrà essere ammirata nella sua interezza, per sempre.
Ad oggi la stima di ciascun NFT del Bacio di Klimt è pari a 1.850,00 euro e ciascun innamorato può acquistarne uno dal 9 febbraio ottenendo, entro il giorno di San Valentino, un certificato NFT personalizzato con una frase d’amore da regalare al proprio partner.
A rendere ciascun token prezioso è la sua unicità. Nessun altro può possedere una sezione di quadro uguale alla tua. Un’icona dell’Art Nouveau viennese e del Modernismo europeo che entra a far parte, seppur in formato digitale, della tua collezione d’arte rendendola esclusiva.
Senz’altro un progetto interessante. Ma non è il solo.
C’è infatti chi è andato oltre l’acquisto del “regalo originale” e ha deciso di giurare amore eterno su una blockchain. È quel che ha fatto una coppia di innamorati che ha reso speciale il proprio matrimonio trasformando le fedi nuziali in NFT ed inviando l’anello dell’uno nel portafoglio digitale dell’altra in modo da garantire eternità ed autenticità – quantomeno digitale – al proprio legame.
Ed ancora, gli NFT sono intervenuti al fianco dei migliaia di innamorati che hanno assistito alla “rimozione” del proprio pegno d’amore affisso sul Pont des Arts a Parigi. Quando il peso dei lucchetti si è fatto insostenibile, le immagini digitali del ponte sono state trasformate in tokens per garantire ai proprietari dei lovelock, i lucchetti di amore, di continuare ad ammirarli, seppur soltanto virtualmente.
Sono state migliaia le coppie che hanno deciso, fosse anche soltanto per ragioni di scaramanzia, di preservare il loro giuramento d’amore acquistando l’immagine digitale del proprio lucchetto e conservandola per sempre.
Ma l’idea più originale è senz’altro quella dell’influencer polacca Marti Renti che ha deciso di vendere il proprio amore virtuale, creando un NFT dal nome “Digital Love” aggiudicato al miglior offerente, anonimo, che oggi, per la somma di circa 200.000,00 euro, può vantare di essere il proprietario dell’amore digitale della tiktoker polacca. Insomma, c’è da credere che la tanto ricercata concretezza dei gesti d’amore, negli ultimi tempi rivendicata quale baluardo dell’“amore vero”, stia pian piano indietreggiando, cedendo il passo all’intangibilità ed astrattezza del virtuale,spazio senza tempo e senza confini. Forse si, il più adatto ad accogliere gli innamorati.
Contributo redatto dall’Avv. Francesca Fazzolari